Aston Martin Cygnet: perché comprerei una Toyota da 50.000€
Pregi, difetti e storia della citycar meno famosa (e venduta) al mondo.
Ok, lo ammetto: il titolo è un po' clickbait, ma la sostanza, effettivamente è questa!
Tutti voi, spero, conoscete il luxury brand inglese Aston Martin: un emblema tre i produttori di supercar.
Le loro auto devono parte della loro fama al fatto di essere ormai inseparabili amiche di James Bond nei vari film di 007, ma anche al fatto di unire in modo unico il tipico stile British alle prestazioni e al comfort per guidatore e passeggeri.
Fin qua è tutto chiaro, vero?
Adesso inizia il bello.
Nel 2009 Aston Martin aveva tre grandi problemi:
- troppe emissioni
- poca liquidità
- difficoltà di finanziamento dei nuovi modelli
Il primo punto è forse quello più difficile da capire: l'UE aveva da poco imposto dei limiti alla media di emissioni fra i vari modelli di ogni gruppo automobilistico (questa è la parola chiave).
Aston Martin, essendo un costruttore di supercar, sforava abbondantemente questi limiti e questo era un problema; ma come mai Ferrari, Rolls-Royce, Maserati o altri non avevano la stessa difficoltà? Semplicemente perché la media delle emissioni è calcolata sul gruppo di appartenenza (le emissioni di Ferrari fanno la media con quelle di Fiat, tanto per capirci) e Aston Martin non faceva parte di nessun gruppo.
Inoltre le vendite erano diminuite a causa dei modelli poco rinnovati e a causa della crisi economica: ciò creò un problema di liquidità che, sul lungo termine, poeta essere addirittura fatale.
Infine, non avendo risorse adeguate, la casa automobilistica d'oltremanica non era in grado di investire su nuovi modelli, il che rischiava di creare un circolo vizioso molto pericoloso (modelli non rinnovati = meno vendite = meno soldi = modelli non rinnovati).
Per far fronte alla situazione difficile, il management di Aston Martin ebbe un'idea: produrre un'utilitaria! Questo avrebbe aumentato le vendite (e dunque i profitti) e ridotto le emissioni.
Purtroppo c'era ancora un problema: anche se un'utilitaria non avrebbe avuto il costo di una supercar, sarebbe comunque costata molto di più delle altre (il loro intento non era certo quello di far concorrenza a Fiat, Ford, Peugeot, Renault, ecc.) e perciò avrebbe venduto, sì, ma non tantissimo. Sviluppare dunque un'auto non costosissima da zero per poi venderne poche migliaia (secondo le previsioni 4.000 ogni anno) non sarebbe stato un investimento giustificabile.
Decisero, ovviamente, di affidarsi ad un partner che avrebbe fornito la base della vettura e, siccome un'Aston Martin non deve incorrere in nessun problema meccanico, scelsero di affidarsi al costruttore che faceva e fa tutt'ora dell'affidabilità una bandiera: Toyota.
L'accordo consisteva nel fatto che la casa Giapponese inviasse in UK delle iQ (auto allora concorrente della Smart ForTwo, ma con 4 posti e praticamente senza bagagliaio) che la squadra locale avrebbe poi modificato per trasformarle in city-car di lusso: così nasceva la Cygnet.
Il prezzo italiano si aggirava circa tra i 40.000€ e i 50.000€ (non per costi di produzione altissimi, ma per non svilire il marchio) e il mercato, a livello globale, dopo un'inizio incoraggiante, non rispose affatto bene.
Per gli interni veniva utilizzata più pelle che su alcune delle loro supercar, è vero.
La Cygnet era letteralmente cosparsa di loghi Aston Martin e godeva di più comfort rispetto alla sorella Giapponese, è vero.
La calandra era da autentica Aston Martin, è vero.
La vernice a effetto vetro era bellissima, è vero.
Cosa è andato storto, allora?
Innanzitutto la Cygnet montava lo stesso identico motore della iQ senza l'ombra di una personalizzazione, la scelta iniziale di venderla solo a chi già possedeva un'Aston Martin poi ritirata confuse il mercato, l'auto non ebbe alcuna pubblicità perché in Aston credevano che sarebbe andata a ruba e, the last but not the least, il mercato e le riviste specializzate non capirono il senso di una Toyota modificata quasi al triplo del prezzo dell'originale.
L'esperimento Cygnet si concluse già nel 2013, quando ne erano state vendute meno di mille unità, secondo le migliori stime o appena duecento, secondo le peggiori.
Secondo me quest'auto non è stata compresa fino in fondo: se non ci si pone il problema di spendere queste cifre per un'auto e si vive in città, io credo che possa essere, ancora oggi, una scelta sensata.
Ci sono sicuramente delle persone disposte a spendere per una city-car ultra confortevole e più d'impatto visivo rispetto alle altre, ma molte di queste persone probabilmente non conoscevano neanche la Cygnet.
In definitiva posso dire che Aston ha gestito male le cose: con un motore appena modificato per essere più reattivo, un prezzo inferiore di poche migliaia di euro e una imponente campagna pubblicitaria, la Cygnet poteva essere una gallina dalle uova d'oro.
Io sarei ancora disposto a comprarla e devo dire che sto facendo un pensierino su un buon usato, visto che il valore aumenterà in futuro essendone state prodotte così poche.
Provaci ancora, Aston!